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Gocce d'acqua

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Siamo tutti, nessuno escluso, come piccole gocce d'acqua.  Indistinguibili. Effimere. Fragili.  Eppure tutte diverse. Con la propria storia. Con un proprio viaggio da raccontare. Minuscoli microcosmi fatti di vita.  Le gocce d'acqua non muoiono.  Hanno dentro di sé un potere incredibile.  Si trasformano.  Passano da uno stato all'altro. Evaporano, sotto un sole implacabile. Diventano nuvole. Poi pioggia, fiume, mare.  Da sole sono deboli, rugiada, lacrima.  Unite possono essere forti, tremende, come una tempesta. Un'alluvione.  Ogni piccola goccia è memoria. È connessa con ogni essere vivente.  Trasforma anche il mondo. Corrode montagne. Disegna pianure. Forma le spiagge.  Io, sono una goccia d'acqua. Sono in viaggio. Mi trasformo. Non mi fermo. Nemmeno se mi perdo nel più grande dei mari. Ci incontreremo.  Perché è il nostro destino: quello di non restare soli.

Una domenica a Siviglia

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Le nuvole nascondono il cielo. Si portano via un po' di calore. Ti fanno credere che si spengano tutti i colori. Che il blu, il giallo, il verde, persino il bianco, se ne siano scappati lontano, verso il mare. Alla ricerca di un sole che renda loro giustizia, in questa terra andalusa. Ma è solo un inganno. Un gioco di prestigio. Ai meno distratti, con un po' di fortuna, può capitare di cogliere qualcosa di più profondo. Un'anima della città che solitamente si nasconde, timida, riservata. Sparito il colore che ne è il vanto. Escono le ossa di una città addormentata dopo un sabato di festa. Serrande abbassate. Vicoli deserti. Locali silenziosi. Occhi spenti dietro caffè fumanti. Le geometrie si mettono in mostra. Guidano gli sguardi. Invitano i passi. Spingono a perdersi. A scorrere lenti, inesorabili. Come il tempo. Verso qualche nuova piazza, nuove genti, nuove stanze. Spesso, da qualche altra parte, il grigiore porta tristezza. Qui, nella città insoli

Luci e ombre

Non possiamo scegliere tra luce e ombra. Fanno parte allo stesso modo della nostra vita, senza l'una non esisterebbe l'altra. Ciò che possiamo fare, veramente, è accettare entrambe come parte di un unico meraviglioso momento. Quello del presente, del qui e ora. Ogni singolo respiro. Ogni singolo sguardo. Sia esso di gioia o dolore. Carpe Diem... Da Instagram

Fantasmi

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Credo in parole lasciate sotto al sole Che si diverte nel dare ad ognuna un colore Le prendo poi come fossero un dono Da dare ad un vento che profuma di buono Le mescolo bene, con grande premura Mi serve un canto per questa pianura Uno di quelli a cui spesso penso Eco lontana di tempo perso Ballate nostalgiche di amori perduti Ginocchia sbucciate e denti caduti Giornate di polvere e umidi fossi Di baci sognati e demoni grossi Sento scorrere sul fiume silente Odori e rumori di povera gente Vite nascoste da un velo di nebbia Che bagna le ossa e placa la rabbia C’è sempre un raccolto in cui confidare Chicchi d’uva da poter calpestare Fasci di grano da macinare Sa di fatica questo fango tra le dita Confusa come l’orizzonte mi sembra la vita

La Nebbia

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Nella nebbia ci sono due mondi. Uno che si nasconde, fatto di certezze e di realtà concrete. Uno che si mostra, privo di contorni e colmo di dubbi e smarrimento. Ci hanno educati a considerare questo fenomeno atmosferico un disagio, una calamità. Blocca le nostre frenetiche ed organizzatissime vite. Rallenta programmi, lavori, auto. La realtà del quotidiano, così tangibile e prevedibile, si trasforma in un viaggio senza tempi certi, senza orizzonti e riferimenti. I colori si spengono. Il sole sparisce. L’aria si fa pesante, ricolma di gas di scarico. Gli umori tendono come per osmosi a diventare grigi, depressi. La vita animale e vegetale rallenta quasi fino a sembrare morta. Eppure, a chi sa cogliere un'opportunità anche laddove sembrano non essercene, la nebbia offre un grande privilegio. Privandoci delle nostre sicurezze e abitudini, destabilizzando i nostri sensi, ci mette di fronte ad una scelta. Un muro, di nebbia appunto. Da scalare, aggirare, buttare giù.

L'argine

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Questa è la storia di un argine. Non di un argine qualunque. Dell’argine che veglia un grande fiume. Ci sono molti grandi fiumi al mondo. Alcuni dal nome cacofonico come il Mississippi, altri dal nome regale, come il Nilo, oppure potente ed epico, come il Rio delle Amazzoni, o sacro come il Gange. C’è un fiume, invece, che ha un nome quasi incompiuto. Che sembra stia aspettando di essere completato oppure accompagnato da qualche altra parola: il Po. Ma qui non si raccontano le sue vicende, o perlomeno non ne è il protagonista principale. Al centro di queste poche righe c’è invece l’argine. Ovviamente qualcuno si potrà chiedere cosa avrà mai da raccontare un argine di così importante. Forse nulla. Forse tutto. Siamo nel punto principale del fiume, dove tutta la sua irrequietezza di montagna è già un lontano ricordo. Qui, smessi i panni di una grande madre che nutre e abbraccia i suoi figli, si fa anziano silente, prossimo alla fine del suo cammino. La sua essenza si divide, di ramo

Non sono nessuno

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Non sono nessuno Guardo Annuso Respiro Accarezzo le foglie al ciglio della strada Mi confondo tra visi immersi in uno schermo liquido Occhi spenti su led accesi Vado contromano Controsenso Provo a sorridere ai muri Rimbalzano Non capiscono L’incuria li ha resi insensibili Refrattari Allora mi alzo dal divano La penna in mano Un foglio scarabocchiato Geometrie contorte e animali immaginari Pensieri che spingono Fantasie del domani Se non mi ascoltate vi lascio stare Ho smesso di vestirmi di maschere Solo per farmi capire Resto invisibile In un tempo indefinito Dove l’apparenza Ha seppellito l’essenza Catturo immagini Raccolgo momenti Storie perdute Perché mai raccontate Sto cercando il mio ritmo Quello che è inciso Dai passi che ho fatto Da quelli che aspettano Su una terra spoglia Vestita di niente Che non mostra l’orizzonte Venite a cercarmi Sono nelle irregolarità Nascosto nei rumori di sottofondo Il